Quando la prima volta mi imbattei nel documentario di De Martino, antropologo che per primo ha trattato l’argomento in modo approfondito, realizzando un audiovisivo che ci permette di entrarvi dentro in tutta la sua autenticità, rimasi estremamente
affascinata dal fenomeno. Una manifestazione ricca di elementi simbolici, in cui si intrecciano culti sacri, profani, tradizione, riti sciamanici, ritmo tribale, danze
popolari, magia, mistero e, come quasi sempre accade quando vi sono questi elementi, questa riguardava il meridione del mondo, nello specifico il mediterraneo e le donne.
Le tarantate sono donne e, benchè il fenomeno abbia origine nella notte dei tempi (tracce arrivano dai culti greci nell’Impero Romano),
ma De Martino ne collochi l’origine nel Medioevo, è interessante notare che è parte del nostro recente passato. Le ultime tarantate sono degli anni ’70, in quelle realtà rurali, Salento, Cilento, ma in generale i piccoli borghi del sud Italia, dove dalla fine dell’800 agli anni ‘70, pochi elementi sono significativamente cambiati e la vita contadina resta legata essenzialmente ai cicli della natura, al contatto con la terra, allo scandire delle fasi della vita, festeggiate con i riti delle feste patronali o delle feste comandate, unici momenti in cui al duro lavoro cede il posto lo svago e la socialità.
Dunque le tarantate sono donne, appartenenti alla fascia più bassa delle classi socialidell’epoca, formata da esseri umani che nascevano per diventare braccia da impiegare nel lavoro dei campi di qualcun altro, sottomessi ai ceti più alti, e, in una società rigidamente patriarcale, le donne poi sottomesse agli uomini, ultime tra gli ultimi. La nascita di una donna non era felice, succube del padre prima di sposarsi, con il matrimonio, deciso dalla famiglia, successivamente lo diventava del marito. Il suo valore era legato alle gravidanze, a lei spettava la cura della casa e della famiglia e poi c’era il lavoro nei campi, che iniziava prestissimo, poco più che bambina, continuava fino a poco prima di partorire e proseguiva poco dopo la nascita dei figli, portandocon sè il bambino neonato in campagna. Una donna quindi con nessun potere decisionale, senza alcuna possibilità di esprimere i propri bisogni o i propri affetti, in un mondo dove l’eros, inteso non solo in una chiave sessuale, ma di scoperta delmondo circostante, della propria femminilità, della propria espressione vitale, le era
precluso o addirittura, e, purtroppo frequentemente e proprio in seno alla famiglia, le si ritorceva contro, diventando essa oggetto di abuso.
Non è difficile comprendere quindi oggi che esseri umani, abusati e privi di libertà,manifestassero sintomi di sofferenza psichica, legati agli innumerevoli blocchi
energetici di natura traumatica e culturale, che sfociavano in depressione ed isteria.
Ma in una società patriarcale, che conteneva il femminile in rigidi schemi sociali,anche alla ribellione dell’inconscio, naturale necessità di esprimere il disagio di un
blocco energetico, andava data una spiegazione di natura magica, potendo l’uso della ragione, distruggere le antiche certezze, tra cui la repressione del femminile come elemento di coesione sociale. Ma l’aspetto positivo è proprio quello magico e superstizioso, indesiderato dalle tarantate e dalla comunità, ma riconosciuto e ritualizzato, attraverso l’espediente
dell’esorcismo danzante, che lasciava allo spirito della taranta, identificata in una serie diversa di insetti (non solo ragni, ma anche scorpioni, serpi o altri insetti
striscianti) dal forte simbolismo sessuale e femminile, collegato alla terra, la libertà discegliere il ritmo della danza, manifestarsi in una moltitudine di espedienti, possedere e comandare almeno per un giorno in cui ‘licet insanire’, in una trance dissociativa che permetteva alle energie represse di manifestarsi, prima di essere vinte.
La partecipazione corale ed il sostegno della comunità, il ricondurre il rito alla sacralità dell’intervento graziante di San Paolo, all’interno della chiesa, erano estremamente importanti per la riuscita dell’esorcismo e quindi della guarigione.
Unica occasione in cui alla donna si prestava sostegno, attenzione e comprensione e la comunità intera consentiva alle energie bloccate di manifestarsi, di uscire fuori, in quanto dissociate dalla donna stessa, indipendenti dalla sua volontà e quindi legittimate, seppur sgradite. Il rito infatti era diviso in due fasi: portata la tarantata, vestita di bianco, nel giorno di San Paolo in chiesa, disposta l’orchestrina per la musica, disteso un lenzuolo bianco a terra, con elementi che rievocavano il momento in cui la donna era stata morsa (elementi del raccolto e attrezzi per i campi), si dava inizio alla pizzica.
Nella prima fase dell’’esorcismo’, durante la trance, lo spirito della taranta si manifestava attraverso la donna, che distesa cominciava a dare segni di gradimento
della musica, iniziando a muoversi quando il ritmo risuonava con quello della specifica taranta che la possedeva. Non c’era una regola, ogni taranta aveva le sue preferenze e poteva manifestarsi in modo differente, anche se i movimenti di base erano gli stessi. Vi erano tarante resistenti, tarante che amavano il canto, tarante che preferivano i ritmi ossessivi, o quelle liturgiche che preferivano le nenie, vi erano quelle scatenate e quelle che si risvegliavano con canti dalcontenuto erotico. Seppure
nella trance quindi, la donna era libera e sostenuta nel manifestare le energie represse,che la taranta le faceva venire fuori. Comune in questa prima fase era l’imitare il
movimento del ragno: la donna strisciava, poi si inarcava sulla schiena, camminandosui talloni, come per l’appunto il ragno. Questa posizione, mimava anche rapporti
sessuali passivi, come subiti, a confermare la necessità di rivivere eventuali traumi dinatura sessuale per poterli superare, accompagnati da vocalizzi espliciti, urla, gemiti.
La musica incalzava, perché l’intento era sfinire la tarantola, per vincerla (simbolo diun femminile oscuro). Il rituale poteva durare fino a tre giorni e, quando iniziava laseconda parte, era segno che stava andando a buon fine: la tarantata infatti si alzava discatto e, liberandosi dal suo dominio, cominciava a lottare col ragno, facendomovimenti tipici della tarantella, saltellando e mimando lo schiacciare del ragno con i
piedi. Da questa seconda fase, il ristabilire il controllo e riparare l’abuso. Da sempre il serpente, il ragno o altri animali striscianti sono simboli sessuali, ricordi di una società matriarcale, poi vinta da invasori che portavano nuove divinità (Apollo che sconfigge
il pitone tra le tante), che nel contrasto col serpente, arrivando al cristianesimo, con Dio che condanna il serpente e san Michele che lo schiaccia in segno di dominio, riconducono ad un’ideologia solare, dove il maschile prevale sul femminile. Il ragno è l’idea della terra madre che riaffiora, è la forza di simboli e rituali antichi non vinti dalla ragione. E anche se, nella seconda fase dell’esorcismo, la tarantata si
riappropriava simbolicamente del proprio maschile sacro si riscattava, raramente era liberata per sempre, di solito l’effetto del ‘veleno’ si placava per poi rimanifestarsi con i cicli agricoli, a giugno, di nuovo in prossimità della festa di san Paolo, ristabilendo, attraverso una nuova danza liberatoria, nell’approvazione socio culturale, quelle energie vitali represse da un modus vivendi condizionante.
La danza da sempre ha una sua valenza terapeutica e liberatoria.
Dalle danze tradizionali, con rigide coreografie o con uno schema di base, chesolitamente si svolgono in contesti sociali riconosciuti e ritualizzano gli incontri e le
dinamiche culturali, in particolare nelle tradizioni dei piccoli borghi, alla biodanza, al teatro-danza, la danza ha il potere di guarire.
Queste ultime (biodanza e teatro-danza)lasciano totalmente liberi di percepire e rappresentare il ritmo, stimolando il corpo a recepire ed interpretare le energie vibrazionali che sollecitano quelle personali, in unarappresentazione simbolica dello spazio, che conduce alla trance meditativa libera blocchi energetici li dove si manifestano, connettendo al presente e consentendo all’individuo di essere pienamente se stesso. Lo psichiatra e teosofo Roberto Assagioli, inventore della psicosintesi, ci dimostrò la correlazione tra piano fisico,emotivo e mentale, laddove ogni elemento ne influenza un altro: il modo di pensare influenza le emozioni e le emozioni si esprimono nel corpo, attraverso tensioni che possono finire per diventare malattie a lungo termine. E’ indubbio quindi che agire su uno di questi tre elementi condiziona gli altri due. Il simbolo ed il rituale poi informano l’individuo riportandolo ai flussi ed ai ritmi naturali che lo armonizzano in relazione a se stesso ed all’ambiente che lo circonda.